LA CRIPTA DEL SANTUARIO DI S. MARIA DEL MONTE
LO SCAVO NELLA CRIPTA ROMANICA
Nel 2013, lo scavo nella piccola Cripta romanica a tre navate voltate, ha individuato alcuni rilevanti lacerti murari e pavimentali che documentano chiaramente la preesistenza di un ben più antico edificio di culto mariano, a oggi non noto. Si tratta dei resti murari dell’emiciclo absidale di un sacello intonacato, orientato a Est. La chiesa dovette avere avuto un utilizzo prolungato, con vari rifacimenti. Ciò è attestato dalla sequenza, all’interno dell’abside, di due pavimenti sovrapposti in malta di cocciopesto, il primo su vespaio in ciottoli e da un terzo rifacimento, in malta bianca, della superficie del secondo pavimento. In via preliminare, i reperti e le strutture emerse potrebbero inquadrare la chiesa all’ambito del v-vi secolo. Gli studi puntuali dei reperti e delle strutture permetteranno di avere un quadro più preciso. Questa chiesa originaria venne abbattuta in età carolingio-ottoniana per edificare, ex novo e in forma ampliata, una nuova cappella, il cui presbiterio absidato è giunto fino a noi, trasformato nell’odierna Cripta romanica. Infine, è di non poco interesse rilevare come tutti gli edifici di culto di S. Maria, nonostante gli ampliamenti e le trasformazioni intervenute, abbiano fondato il proprio altare sull’area della precedente mensa liturgica, che ora si rivela essere quella del sacello originario, posto in evidenza dagli scavi; si segnala comunque che vi è un leggero cambiamento di asse tra il primo edificio di culto e i successivi.
L’INTERVENTO STRUTTURALE
La volontà di riaprire al pubblico la cripta, ha determinato l’opportunità di rimuovere l’intervento di consolidamento effettuato nel 1931, consistente nella formazione di pilastri e putrelle, senza pregiudicare la sicurezza delle volte e del soprastante altare. L’inserimento della struttura di presidio venne effettuata per contrastare il peso dell’altare seicentesco (realizzato nel 1660-1662), che insiste esattamente sopra l’ambiente della cripta. La soluzione ideata ha visto l’inserimento di una nuova struttura metallica (una sorta di gazebo strutturale), atta a sorreggere il peso del sovrastante altare, offrendo al visitatore una visione completa del ciclo di affreschi, prima limitata dagli invasivi elementi di presidio, dei quali è visibile una testimonianza nella parete rocciosa a nord. La struttura, formata da puntellazioni metalliche arcuate, si affianca strutturalmente alle colonne lapidee esistenti, funzionando in parallelo con esse e contribuendo a sgravarne parzialmente i carichi, consentendo così l’eliminazione dei pilastri murari. La geometria di questa struttura metallica è stata studiata per evitare la completa copertura delle colonne in pietra esistenti, lasciando intravedere l’originaria struttura. GLI AFFRESCHI Gli affreschi che ornano la cripta presentano caratteri stilistici omogenei, riconducibili alle medesime maestranze intervenute in diversi momenti, poco distanti tra loro. Gli studiosi non sono concordi sulla loro datazione: secondo alcuni le diverse scene sono state eseguite tra il 1360 e il 1370; secondo altri la loro esecuzione va avanzata ai primi anni del xv secolo, a causa di caratteri stilistici simili a quelli presentati dagli affreschi della Schirannetta di Casbeno datati 1408. Indubbiamente si tratta di opere di una bottega locale che ripeteva con successo immagini dalla rigida frontalità, ma perfettamente riconoscibili facendo prevalere l’aspetto devozionale su quello artistico.
Gli interventi di recupero dell’antica Cripta romanica, finalizzati ad una sua riapertura al culto e al pubblico attraverso un adeguato percorso musealizzato, hanno permesso di scoprire e tutelare alcune rilevanti testimonianze archeologiche.
CONTESTUALIZZAZIONE STORICA E ARCHITETTONICA DEL SANTUARIO
La chiesa di Santa Maria del Monte è citata per la prima volta in un documento dell’anno 922. L’odierno Santuario è il risultato di una serie di interventi, confermati dallo scavo in corso, riconducibili a tre fondamentali costruzioni: − Una chiesa d’età carolingio-ottoniana (IX-X secolo), con abside a emiciclo volta a Est. − Una nuova chiesa d’età romanica, ampliata a Ovest ed eretta a una quota superiore e al di sopra della chiesa preesistente, al fine di utilizzarne il presbiterio come cripta, con relativa scala di discesa. − Il radicale intervento degli anni 1472-1476, dell’architetto ducale Bartolomeo da Cremona detto “il Gadio” e di Benedetto Ferrini da Firenze che, per volontà del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza e dei suoi avi, amplia l’edifico romanico da una a tre navate e riedifica il presbiterio a tre absidi.
IL RESTAURO DELLE TRE MADONNE
Quello che spinge ad esercitare il “mestiere” del restauratore è la passione, l’affrontare interventi, a volte molto complessi, per restituire le condizioni di salubrità a manufatti artistici affinchè gli stessi possano proseguire il loro cammino temporale e continuare ad essere testimonianza della cultura e, come in questo caso, della religiosità, di un popolo. Ma ancora più appassionante, per noi, è intervenire su opere che, a memoria d’uomo, non sono state mai viste. E' ciò che è accaduto nel corridoio d’entrata. In questo spazio noi saremmo dovuti intervenire solo nel restauro di un dipinto particolarmente degradato a causa della sua esposizione agli agenti atmosferici (in origine questo ambiente era aperto e costeggiava la parete del lato destro della chiesa romanica): era talmente ammalorato che, con fatica, si distingueva cosa rappresentasse. Questo spazio doveva essere una sorta di punto in cui informarsi di quello che ci si apprestava a visitare nella cripta. Invece la rimozione di un armadio, incassato tra la parete ed il contrafforte, ha riservato la prima sorpresa: dietro lo stesso infatti è emerso un altro affresco, meglio conservato, in cui si distinguevano: un Santo, un edificio con una figura inginocchiata e metà Santa. Subito si è compreso che il dipinto proseguiva al di sotto del contrafforte, presumibilmente eretto al momento dell’innalzamento della chiesa avvenuto nel 1494. Eseguiti nuovi calcoli statici e approntato un progetto strutturale, che consentisse la rimozione del contrafforte senza creare scompensi alla struttura, sono iniziate le operazioni di smontaggio, terminate le quali, con nostra meraviglia, sono emerse: oltre all’altra metà della Santa, una Madonna con Bambino, che chiudeva questo dipinto, la Madonna Annunciata, appartenente all’affresco molto degradato ed una terza Madonna con Bambino e donatore dipinta nella parte inferiore della parete. L’iconografia ora era ben chiara: l’affresco rinvenuto dietro l’armadio, cronologicamente più antico, rappresentava, come in un racconto, il donatore sulla destra ammanettato e con i ceppi ai piedi e sul fondo la prigione; nella sequenza successiva, il donatore, liberato dalla prigionia, ringrazia la Madonna alla presenza di San Leonardo e Santa Caterina d’Alessandria che posa la mano sul suo capo; sicuramente era una committenza ricca, vista la qualità dell’opera e le rifiniture in oro con rilievi in pastiglia. Molto interessante anche il ritrovamento della Madonna Annunciata perché, essendo protetta dal contrafforte, non si è degradata come la restante parte dell’affresco, permettendoci di analizzare tecnica e stile. Si è proceduto quindi con nuove analisi chimiche, che ci hanno dato interessanti informazioni: si tratta di dipinti ad affresco anche se sono presenti finiture a secco (azzurrite) o pigmenti stemperati in latte di calce; le dorature, presenti su aureole, corone ed abiti, sono realizzate in foglia d’oro su lamina di stagno; la patina bianca presente nella porzione di affresco celata dall’armadio, è risultata essere prevalentemente calcite, calcio ossalato e gesso. Il restauro ha seguito sostanzialmente la linea d’intervento adottata per i dipinti della cripta; in questo caso abbiamo inoltre dovuto operare sui rilievi in pastiglia, molto fragili: si è proceduto con un preconsolidamento con resina acrilica, per poter poi in sicurezza, rimuovere con bisturi i residui di malta provenienti dall’erezione del contrafforte. La patina biancastra, dopo varie campionature di pulitura, è stata rimossa con la ripetuta applicazione di sottili impacchi a base di resine a scambio ionico. Riferendoci alla visione del dipinto più antico, dobbiamo riflettere sul fatto che originariamente aveva un impatto cromatico molto più forte; facendo uno sforzo di immaginazione dobbiamo guardare la scena pensando che la veste della Madonna, l’abito di Santa Caterina, la fascia del vestito di San Leonardo ed il fondo, erano azzurri, azzurri con tonalità diverse date dalla diversa stesura pittorica di preparazione: nera per la veste della Madonna ed il fondo che restituiva un azzurro molto intenso, morellone per l’abito di Santa Caterina che restituiva un azzurro più violaceo e bianca per la fascia di San Leonardo che rendeva più chiaro l’azzurro. Sulle superfici sono presenti numerose scritte, alcune dipinte, come quella presente sotto la Madonna con Bambino, che si riferisce ad una preghiera a lei dedicata, altre incise (quest’ultime sono in fase di decifrazione). Abbiamo trovato una data “1492” incisa nella fascia inferiore dell’Annunciazione. Il restauro ha consentito di recuperare un apparato decorativo di cui non si aveva testimonianza, che viene ora restituito alla devozione dei fedeli ed allo studio degli storici, arricchendo il già cospicuo nostro patrimonio artistico. Il restauro è stato seguito per la Soprintendenza per i Beni ambientali e paesaggistici dall’Arch. Giuseppe Stolfi e per la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici dalla Dott.ssa Isabella Marelli.