Come dalla chiesa incompiuta nacque l'ex albergo Camponovo
La strada delle bettole, il crotto Castefanone, gli alberghi e i ristoranti ricavati dalle chiese, l’antico passaggio dei pellegrini dall’arco che oggi si trova accanto al ristorante-albergo Sacro Monte, la storia garibaldina del Borducan, il censimento dei locali pubblici di Leopoldo Giampaolo: sono i tanti capitoli della storia dell’ospitalità a Santa Maria del Monte. Ecco un brano, intitolato "La chiesa incompiuta", tratto dal libro di Carlo Alberto Lotti "Santa Maria del Monte sopra Varese – Il monte sacro Olona e il Sacro Monte del Rosario", pubblicato dal Santuario di Santa Maria del Monte con i tipi della Silvana Editoriale di Milano nel 2000. Un libro imperdibile per chi vuole gustare la storia del Sacro Monte di Varese e, in questo caso, della sua ospitalità. Carlo Alberto Lotti spiega qui come dall'edificio che le romite usavano come dormitorio per le donne pellegrine che salivano al santuario nacque l'hotel Camponovo. Buona lettura.
La chiesa incompiuta
di Carlo Alberto Lotti
"Nella sua Historia del 1614 Cesare Tettamanzio subito dopo aver scritto della chiesa dell’Annunciata, ci informa che “le duchesse di Milano furono molto affezionate di questa chiesa (di S.Maria) e perciò una di esse fece cominciare ivi vicino un’altra chiesa ma poi (credo per la morte) restò imperfetta e le monache per la parte di sopra vi hanno fabbricato un gran salone nel quale di notte vi serrano le povere donne che neè gran concorsi vengono alla devozione”. Giunta alla coperture non venne mai consacrata, ma la donazione si attuò ugualmente.
Fu costruita sullo spazio roccioso ancora libero da costruzioni a sud del santuario, tra le ultime propaggini degli edifici storici a esso inerenti e la cappella ducale di San Bernardo. Le monache, accantonata verosimilmente la possibilità e la necessità di possedere una chiesa ufficiata al di fuori dell’area claustrale, ripiegarono sull’utilizzo dello stabile per l’accoglienza delle donne che si recavano in pellegrinaggio sul monte sacro e che, per la distanza dal luogo di provenienza, erano costrette a pernottarvi. Per questo l’aula venne tramezzata in altezza con poderose volte ascrivibili al XVI secolo, onde ottenere due piani, di cui quello superiore fu attrezzato a dormitorio con tendaggi divisori.
Oggi la chiesa incompiuta è riconoscibile e intuibile in tutta la sua estensione, inglobata con altre testimonianze nell’unico grande corpo di fabbrica che, fino al 1985, rappresentava il più grande albergo di S.Maria del Monte, il Camponovo. Il sottopasso pubblico che sfocia a metà dell’edificio, sull’ultimo tratto della gradinata che conduce al santuario, lascia vedere sul lato sinistro di chi esce da quello, una buona parte del prospetto con la porta centrale. Pilastri angolari, in ben squadrati conci di pietra, delineano il perimetro dell’aula sui fianchi, lasciando leggere con chiarezza il livello di calpestio interno e l'altezza originaria dell’edificio.
Il grande stanzone adibito a dormitorio delle donne devote che dovevano pernottare a S.Maria del Monte mantenne il suo utilizzo, stando all’Historia del Tettamanzio, perlomeno fino al 1614. Riteniamo che lo stanzone sottostante con le basse e robuste volte possa identificarsi con la XII casa della prima parte del monte registrata nel censimento del 1574 come “l’hosteria delle monache, tenuta da magister Francesco Bernascone capo famiglia, hoste d’anni ventotto”. Oltre al Bernascone, abitavano nella XII casa la madre, la moglie, due figli e quattro nipoti, più una balia e due servitori.
Questo locale mantenne fino ai primi decenni del XX secolo la caratteristica di servizio per l’accoglienza dei pellegrini. Già inserito nella struttura alberghiera, era arredato con rustici tavoli predisposti per consumare le colazioni al sacco. La gestione dell’albergo si riservava solo il servizio delle bevande.
Ci sembra che questa stessa osteria possa identificarsi con quella di Sant’Ambrogio citata nel 1769 nel secondo processo di beatificazione di Caterina e Giuliana, edito a Roma dalla Ex. Typographia Reverendae Camerae Apostolicae. Questa fonte cita ben quattro osterie, tre nel borgo alto e una alla cascina Moroni. Dal catasto teresiano del 1722-1758 riceviamo la stessa informazione che testimonia essere tutte in stabili di proprietà delle monache concessi in locazione. Escludendo l’osteria della Cassina che si trovava alla cascina Moroni, restano nel borgo alto da identificare quelle del Moro, del Prestino e di S.Ambrogio. Quella del Moro è stata identificata allo sbocco della via Beata Caterina, prima dello slargo dove si trova il prospetto della chiesa di San Bernardo. L’osteria del Prestino era negli stabili estremi del borgo in prossimità dell’edificio oggi denominato Castello. L’osteria di Sant’Ambrogio, la più importante, poteva trovarsi proprio dove abbiamo ritenuto di identificarla.
La citazione di questi quattro locali pubblici nel contesto del processo di beatificazione è giustificata dagli affreschi sui loro ingressi raffiguranti le immagini delle Beate. A proposito di quello esistente sul prospetto dell’osteria di Sant’Ambrogio, l’esperto giurato Giovanni Battista Ronchelli dichiara: “Nella terra del Sacro Monte, sopra l’ingresso dell’osteria detta di Sant’Ambrogio, vi è l’effigie della beata vergine con il bambino in braccio, ai lati la beata Caterina e la beata Giuliana con circolo al capo. Questa dipintura sul muro è molto consumata dal tempo, ad ogni modo conosco chiaramente essere di Alessandro Massimi, detto il Pittorello do Casbeno, a me cognito”.