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UNA SCUOLA DA RIVISITARE

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Di scuola si è sempre parlato pochissimo, anche se, in qualche caso, si sono tentate riforme all’acqua di rose, che hanno tolto o aggiunto, ma senza aver ben chiaro lo stato di necessità sociale di una nazione in cui la mummificazione del passato impediva di poter guardare bene in viso il presente e il futuro. In molti casi, ha perso di vista la sua spinta educativa, l’idea di far uscire allo scoperto l’orgoglio e la fierezza di una cultura fatta apposta per sviluppare l’ampiezza sociale del senso critico. Si è trovata di fronte il mondo e la necessità di stabilire un dialogo vero, serrato e profondo, un dialogo che permettesse agli esseri umani di testare sul campo la necessità di conoscersi meglio. Si è passati da un provincialismo classista a una concezione mondialista, dove il valore non era più solo appartenenza o proprietà, ma dove il tema fondamentale diventava conquista sociale del valore, capacità di educare gli animi all’interazione e all’integrazione, alla possibilità di creare ponti e di approfondire modi diversi di concepire e adattare la cultura a un sistema sociale radicalmente nuovo. Una cultura più fondata sulla mobilità, sul dinamismo intellettuale, sulla possibilità di fare esperienze sul campo, sulla necessità di un apprendimento linguistico che facilitasse i rapporti interpersonali tra le diverse parti del mondo.

É sui grandi valori della cultura che si gioca il futuro delle società, è sulla collaborazione e sull’incontro che i rapporti si rafforzano e si stabilizzano, è sulla comprensione umana che si gioca il futuro delle nuove generazioni. La scuola è anche quella che fa capire che oltre i muri delle diversità esistono spazi di uguaglianza dentro i quali sarà forse possibile costruire quel mondo di cui tutti parlano, ma che resta per molti un orizzonte senza confini. Non una scuola chiusa e arroccata, privilegiata, ma una scuola aperta, dove l’attività fisica si sposi a quella mentale, dove il giudizio risenta di una forte umanità, permettendo ai giovani di scoprire i propri valori e le proprie tendenze, una scuola che sviluppi le sue attitudini in ambienti idonei, che sappia riscoprire il senso della bellezza, della musica e dell’arte, che sappia far vivere sul campo tutte quelle emozioni che spesso restano stigmatizzate nei video digitali.

Si tratta di riattivare il valore sociale di una comunità scolastica che si muove tra persone che stanno crescendo e che hanno bisogno di mettersi alla prova, di scoprire di che pasta sono fatte, di costruire anche solo una parte di quel mondo nel quale dovranno poi esercitare le loro attitudini. Si tratta di rifondare una scuola che sappia riconoscere i propri errori e che sappia lavorare seriamente per cercare di vitalizzare al massimo le risorse dell’essere umano, promuovendo una ricerca continua, un dinamismo passionale, la capacità di poter fare e costruire senza la paura di sbagliare, una scuola che non incuta paura, ma una grandissima voglia di fare e di fare con grande entusiasmo, fuori dai muri dell’omertà e di una costituzionalità più formale che sostanziale.

Forse, la scuola va costruita insieme al tempo che corre e alle grandi trasformazioni umane, sociali e culturali che caratterizzano la storia recente e quella passata. Meno burocrazia amministrativa e più sostanzialità pratica, meno superficialità ideativa e più volontà costruttiva, superando quelle barriere che hanno impedito alla scuola di essere realmente quello che è, ricerca in perenne divenire, confronto e studio, sperimentazione e trasformazione, luogo dove le idee si confrontano per far crescere visioni più attente alla crescita e allo sviluppo dello spirito umano, alla sua capacità di dare corpo e sostanza a quel piccolo mondo che ci appartiene e dentro il quale dobbiamo continuamente trovare risorse ed equilibri.

Chi ha vissuto la scuola sa quanto sia stata condizionata nelle sue parti più significative, quelle nelle quali la libertà assume un significato umano di grande spessore sociale, perché non esiste nulla di talmente immobile da non poter subire le giustificate trasformazioni di una intellettualità che si muove e armonizza, che bussa molto spesso alla porta per ricordarci che la conoscenza è molto più ampia e profonda di quanto non immaginiamo e di quanto sia importante attivare quel campo della ricerca, lasciato nella maggior parte dei casi in balia di un attivismo classista più rivolto all’interesse personale che a una sostanziale apertura mentale di uomini e donne alla ricerca di una dimensione umana, sociale e morale da pensare e da vivere senza l’assillo di ingiunzioni impositive, scaturite da una società più impegnata a difendere se stessa, che a intraprendere un solidale cammino di matura libertà individuale e collettiva.

Una scuola, dunque, onnicomprensiva, molto ben inserita nel contesto sociale, capace di esserne parte attiva e innovativa, capace di suggerire e consigliare, di sedersi al tavolo della sollecitazione civile aiutandone la diffusione e lo sviluppo. Una scuola che punti decisamente su una visione di mondo aperta sui grandi orizzonti e sulle grandi culture, pronta a fungere da supporto alle aspettative umane, capace quindi di anticiparle e di farle conoscere. Una scuola in costante divenire, capace di cambiare e di inventare, di essere al passo coi tempi e mai serva di nessuno, in particolare di quelle pastoie burocratiche che ne hanno limitato nel tempo lo slancio ideativo e operativo. Una scuola che sappia essere positivista e idealista, liberale e umanamente capace di interpretare le esigenze degli esseri umani, senza sottoporli necessariamente a inutili imposizioni, ma attenta stimolatrice di nuove armonie tra necessità pratiche e spirituali, tra ciò che è inevitabile e ciò che invece non lo è.

Una scuola che non muore di giudizi o di pregiudizi, ma che è sempre pronta a mettersi in discussione, cosciente della propria missione educativa, al centro della quale c’è sempre lui, quell’essere umano che si guarda attorno per godere di quella generosa ricchezza che ha ricevuto in dono da chi lo ha voluto protagonista della vita umana e delle sue ricchezze.

 

Felice Magnani

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