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UNA SCUOLA CON PIÙ FONDI, PIÙ ATTREZZATA, PIÙ CAPACE DI ESSERE COMPETITIVA IN EUROPA E NEL MONDO

school

La scuola è il punto di partenza di una democrazia seria, che vuole crescere, rafforzarsi, creare le condizioni perché il popolo sovrano abbia tutte le certezze necessarie che servono per aprirsi ai bisogni e alle necessità del mondo. Sono lontani i tempi di una concezione classista, di poteri marginali, di riforme fragili e superficiali spesso vincolate a espedienti di natura politico elettoralistica, siamo distanti anni luce dal tempo in cui alcune discipline alzavano i muri, lasciando nell’ombra quella parte di educazione determinante nell’acquisizione di una rappresentatività ampia e solidale, capace di definire una personalità e una società capaci di forte autonomia e di cosciente competitività con un mondo in crescita costante. Sono lontani i tempi di un aristocratico immobilismo, dove spesso la praticità veniva scambiata per basso profilo e il classicismo piaceva moltissimo alla quintessenza del potere, in particolare alle dinastie che contavano sul mondo classico per confermare un’oligarchia culturale destinata al dominio e al comando. Siamo usciti da una scuola perfetta nella sua sintesi nozionistica, ma ampiamente superata nella sua veste geopolitica, nella sua capacità di rendere competitiva la sua anima nobile, quella che non si ferma di fronte alle sfide, ma le sollecita e le affronta, mettendo in campo tutto quello che serve per aprire il cuore e la mente di una gioventù capace di pensare e di produrre, curiosa e operativa, desiderosa di indipendenza e di autonomia, di uscire dalle convenzioni pericolose, quelle che non permettono di formare una coscienza significativamente libera e attenta alle provocazioni dei tempi e delle società. Ristrutturare la scuola significa dotarla di una forte capacità autocritica, di metterla in condizione di poter operare in condizione di assoluta autonomia, consegnandole una forte indole investigativa, mettendole a disposizione tutto ciò che è necessario per una formazione la più ampia possibile, evitandole qualsiasi forma di subalternità. La scuola è operativa se può contare su un’ampia disponibilità economico finanziaria non solo da parte dello Stato, ma da parte di tutti gli enti territoriali che concorrono al buon funzionamento della società civile e delle sue risorse. E’ nella sua tensione aziendale che la scuola oltrepassa i muri e diventa unione capace di ricercare, innovare, produrre, trasformare la teoria in costruzione pratica, la curiosità in proposta, l’idealità in voglia di fare e di costruire, l’intelligenza nella capacità di progettare e di produrre. Una scuola dinamica, furba, attenta, che si protende verso l’acquisizione di una coscienza attiva che indaga, che crea le condizioni di un confronto, che si pone al servizio di una società per potenziarne la sensibilità immaginativa e ideativa. Una scuola vera, di supporto e di proposizione, che non si lascia intimorire da quantificazioni formali, ma che scava con arguzia nel cuore della vita, cercando i motivi di una bellezza che non cessa mai di essere vera, profonda, magica, unica, eterna. Superare l’ideologia classista significa sviluppare quel fine senso della libertà che permette di entrare in sintonia con quella cultura educativa che consente agli esseri umani di capire qualcosa di più della loro straordinaria avventura intellettuale. Non un intellettualismo di maniera, legato a stereotipi e ad archetipi, ma qualcosa di vivo, che affonda il lungo abbraccio della conoscenza nel mistero della vita umana, scoprendone quei sentimenti e quelle emozioni che ce la fanno apparire sempre un po’ diversa, più bella, più interessante, più capace di convincere che la verità possa essere ben oltre i muri dell’immobilismo. Una scuola che faccia riscoprire il valore della mente e del cuore, la necessità di ritrovare un equilibrio tra spirito e ragione, che sappia trasferire negli esseri umani il senso della missione e della fratellanza, che sappia andare oltre la stereotipia di un giudizio freddo e disinteressato, che sia capace di entrare nello sconfinato mondo della ricchezza interiore per coltivarla, farla conoscere, amare e apprezzare. Forse è finito il tempo di quattro muri freddi e di un cortiletto affacciato su una strada provinciale, quello di aule strette e invivibili, di spazi inadeguati, incapaci di dare risposte confacenti a giovani esuberanti, forse è arrivato il momento di usare in modo sapiente i soldi che arrivano dall’Europa, creando una scuola nuova, capace di animare, di assolvere alle mille curiosità che scuotono una natura umana fertile e generosa, ma spesso imbrigliata da mille incapacità e promesse mai mantenute. La scuola deve rinascere e, forse, la pandemia è servita anche a questo, a far riflettere chi doveva riflettere, chi doveva rimettere le cose al loro posto, puntando al cuore di attese per troppo tempo disattese, a una libertà che consenta ai giovani di mettere sul piatto le loro straordinarie energie mentali e morali.

 

Felice Magnani

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