Menu
A+ A A-

L’EDUCAZIONE NON HA ETA’

di felice magnani

Viviamo un tempo difficile, un tempo di passaggio, dove non tutto quello che è stato costruito con fatica sembra non essere sufficiente per rispondere in modo esauriente alle domande di una società molto complessa e molto diversa  da quella che abbiamo conosciuto in passato. La diversità contiene aspetti positivi che si legano a un’evoluzione, alla necessità di aprire nuovi spazi all’intelligenza umana, consentendole di sviluppare a fondo tutte le sue energie e le sue peculiarità, basti pensare alla trasformazioni nel mondo industriale, alla nascita delle strategie digitali, a forme di conoscenza innovative messe in campo con l’introduzione di Internet, con la produzione telematica, con quella rapidità con cui il sistema digitale impone le sue leggi. Anche la scuola deve ridefinire alcune sue peculiarità, uscendo da quell’ancoraggio forzato in cui è stata relegata dal primo Novecento ai giorni nostri. Una scuola meno nozionistica, più concreta, più allineata a una società che cambia rapidamente e che ha bisogno di aggiornamenti continui, di nuove proposte, di autodeterminazione e di immaginazione, di camminare e forse di correre non tralasciando però mai nulla della sua storia, quella storia che permette di sviluppare forme di orientamento appropriate, fondate sul ragionamento e sulla convinzione che prima di determinare bisogna avere ben chiari e prerequisiti e la funzionalità effettiva di un progetto. Le riforme del passato hanno spesso contribuito a sommare disorientamenti e destabilizzazioni, confermando quasi sempre l’inamovibilità della retorica a danno di una chiara e assai concreta valutazione dei bisogni e delle necessità degli esseri umani, sottovalutando il fatto che tutto parte da lì, da un’aula in cui ogni mattina i giovani s’incontrano con i maestri, le maestre, i professori per cercare di trovare le giuste risposte a un’intelligenza umana che le esige. Ci siamo trovati spesso in una scuola inadeguata sul piano strutturale, sita in edifici fatiscenti e in aule molto più simili a prigioni che a luoghi di ascolto e di affermazione delle qualità operative dei ragazzi, una scuola in cui la poesia e la prosa si sono affossate, diventando pezzi da museo, invece di trasferire le qualità profetiche del poeta e dello scrittore dentro l’animo umano, con quella leggerezza che si lega a ogni tipo di cambiamento, senza corromperlo o alterarlo. Chi ha insegnato conosce perfettamente il significa più profondo della retorica e dell’inadeguatezza, ha ampiamente sperimentato cosa significhi vivere quotidianamente in aule prive di energia solare, preda di crepe e di sporcizia, dove l’aria s’impregna di odori e di rumori invece di allenare lo spirito umano a inalare la forza e la bellezza degli aromi e dei profumi primaverili. Quante volte si è pensato di portare i ragazzi all’esterno per ossigenare la speranza, sfidando le ire di un rigore educativamente assurdo. Forse non si è parlato abbastanza di educazione, forse lo stato non ha mai affrontato con la dovuta determinazione la vita della scuola e quella dei ragazzi, forse li ha trattati troppo con quella elusiva superficialità che prelude alle intemperanze del tempo. Oggi la scuola ha un estremo bisogno di includere, di mettersi al servizio dell’intelligenza, ma anche del cuore, creando le premesse di una civiltà che sappia distribuire con saggezza le proprie risorse e le proprie capacità, che sappia fornire all’uomo la possibilità di sentirsi amato, apprezzato, ascoltato e condiviso. Una scuola che non sia troppo giudicante, ma che consenta alle persone di stabilire relazioni costanti, rapporti solidali, incontri e confronti, dialoghi e discussioni, aprendosi all’impeto creativo di una gioventù che vuole contare, che è stanca di sentirsi privata della propria capacità di sorprendere, di decidere, di partecipare e di contare. E’ in questa auspicabile innovazione d’intenti, di spiriti, di materie e creatività progettuale che il mondo globale cerca uno spazio attivo per la propria identità, è nella costituzione mondiale che le regole prendono forma e diventano motivi in più per ritrovare la pace, la collaborazione, la forza e la bellezza della vita in tutte le sue espressioni. L’educazione non è un bene temporaneo, certo è soggetto agli aggiornamenti, alle ristrutturazioni, ai restauri, ha una sua naturale mobilità, una sua aderenza alla storia che muta e che esige nuove risposte, per questo sarebbe molto utile che la scuola, insieme a tutte le agenzie educative, diventasse un vero e proprio centro di ricerca attiva, dove le esperienze e lo studio si fondono nel desiderio comune di affrontare meglio le domande di una società che cambia repentinamente, una scuola più aderente alla realtà, più allenata al dialogo e al confronto, alla dialettica umana, alla capacità di calare la teoria nella pratica, non tralasciando nulla di ciò che la natura umana, nella sua straordinaria versatilità, è capace di suggerire. Certo l’educazione ha bisogno di gente che creda, che coltivi una fede, che sappia il valore e il significato di una missione, che non si lascia travisare dai divisionismi, con una chiara capacità introspettiva e investigativa. Bisogna crederci e soprattutto non bisogna lasciarsi mettere sotto dalle nequizie umane, quelle che  vorrebbero il via libera per qualsiasi tipo di illusione, anche quella che la libertà sia un fatto occasionale e non la somma di regole che orientano la vita individuale e quella collettiva. Anche nei piccoli paesi il valore della scuola è fondamentale, è la fonte alla quale attingere per potenziare il senso civico, per far capire meglio quali siano le responsabilità che stanno alla base di una famiglia unita. 

logo regione

varese4u logo

Plan what to see in Varese with an itinerary including Sacro Monte Unesco di Varese