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QUANDO I RAGAZZINI URLANO E LI’ NON C’E’ NESSUNO A SPIEGARE IL VALORE INTROSPETTIVO DELLA CONOSCENZA

di felice magnani

Urlare, mai un infinito verbale è stato così seguito e confermato. Oggi molte persone urlano e lo fanno a squarciagola, come se dovessero far sentire che ci sono, che esistono, che vogliono essere confermate nella schiera della discendenza umana. Mai come oggi si sono persi il senso del limite, l’educazione, la bellezza del silenzio, una vita vissuta in moderazione, con la capacità di dare un peso e un volto all’entusiasmo e alla passione che gli esseri umani portano dentro e che amano manifestare senza prevaricare, senza rompere l’incanto di una relazione che può essere davvero bellissima, con quella natura umana e fisica nella quale abbiamo avuto il dono di essere e di condividere. Urlare non è solo una sorta di mala intonazione, ma c’è chi l’ha trasformata in opzione educativa, c’è chi vede nell’urlo una terapia, una liberazione dai condizionamenti educativi tradizionali, la voglia di mandare al diavolo un sistema fondato sulla ricerca di un equilibrio, di una stabilità, di una sicurezza fin troppo consolidati. Prendere la via degli estremi è tipico di una società che ha perso di vista la riflessione, la capacità di essere, senza per forza avere. Ci sono diversi modi per essere, alcuni accettabili sotto il profilo umano, altri inaccettabili, ma esiste una condizione che diventa fondamentale per creare una giusta sintonia tra tutte le componenti che formano l’assetto comunitario, il buon senso comune, che non ha nulla di scientifico, di sociologico, di scientifico o di religioso. Dunque esiste l’urlo costituzionale, ma esiste anche quello incostituzionale, quello che destabilizza, spiazza, confonde, quello che non permette di capire che è nella moderazione che le persone vivono più intensamente la loro storia, insieme a quella degli altri. La costituzionalità dell’urlo ha una sua collocazione motivazionale accettabile, quando aiuta a confermare un attimo di natura emozionale, ma la sua a volte proterva esuberanza lo fa diventare in molti casi dissacratorio, destabilizzante, incapace di entrare nella normalità di una vita di relazione organica, pacata, ponderata, capace di produrre il pensiero profondo, quello che ha bisogno di incontrare l’attenzione, la predisposizione di chi vuole davvero capire il senso delle cose, che sfugge all’arroganza del rumore. Vivere nel rumore non aiuta a crescere, non aiuta a pensare, non offre spunti riflessivi capaci di far lievitare il pensiero positivo, non aiuta la concentrazione, non offre un campo d’azione utile per dare alla condizione umana la possibilità di manifestarsi nella sua interezza e nella sua profondità. Un educatore che avvalla il rumore come forma educativa dovrebbe forse essere richiamato al rispetto del buon senso comune. I ragazzi urlano perché non sono stati educati al silenzio, forse non è stato detto loro che il rumore destabilizza la quiete positiva e propositiva, quella che aiuta a maturare il carattere, a fortificare la mente, a far emergere quella parte della natura umana che ha bisogno di anima per respirare. Non educare i giovani è un errore tremendo, è una mancanza che avrà conseguenze molto negative sulla società, è soprattutto un atto d’accusa contro la libertà, la sua forza istituzionale, la sua capacità di arginare quella prepotenza che governa la fragilità del mondo. Sapersi comportare è una condizione che non nasce spontanea, ma che si costruisce giorno per giorno, con l’aiuto delle agenzie educative, di buoni educatori, capaci di trasformare l’energia negativa in positività attiva. Ci sono fior di educatori, anche religiosi, che avvertono i vuoti educativi di questa società e che sono fortemente preoccupati di come i giovani di oggi affrontano il loro percorso di vita. Qualcosa nei meccanismi educativi delle nostre comunità non funziona e non viene preso nella giusta considerazione anzi, in molti casi la tendenza è quella di far finta di niente per non pagare dazio. I temi educativi sono trattati con molta superficialità, come se i giovani fossero la parte meno importante, quella che non risolve nell’immediato i problemi di natura finanziaria e professionale che assillano il paese. A causa di queste inadempienze i problemi si assommano, fino in molti casi a diventare drammatici, basti pensare al grande problema dell’alcol e della droga, che ha ampiamente preso piede nel nostro paese. Sono in molti a pensare che, forse, invece di Europa, ci sia un forte bisogno di attenzione nazionale, di supervisione sociale, di famiglia e di scuola, di valori religiosi forti, capaci di restituire, anche in maniera minima, una sorta di speranza che trascenda l’immane dose di materialismo che è stata prodotta e riversata nei cuori e nelle anime delle persone. Forse in questo caso l’urlo, inteso come affermazione chiara e netta delle difficoltà che stiamo attraversando, ha una sua ragione di essere e la speranza è che chi ha il compito di affrontare i problemi dei nostri ragazzi ne prenda atto e faccia tutti quei passi necessari che si rendono necessari per costruire una comunità in cui si possa davvero parlare di democrazia.

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