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DARE UN SENSO AL TEMPO

di felice magnani

Godere della libertà è un dono straordinario, ma una libertà senza senso, senza contenuti, vissuta all’insegna della perdita di tempo prezioso forse non aiuta a crescere, non aiuta soprattutto a dare un senso alla preziosità di ciò che  viene riconosciuto e concesso. Essere liberi significa esserne coscienti, capire quanto sia importante poter gestire il tempo, distribuirlo, posizionarlo, avendo ben chiaro quello che possiamo fare e come possiamo farlo. Dare un senso al tempo libero dei giovani, ad esempio, è fondamentale, se si vuole che crescano coscienti di ciò che hanno a disposizione e soprattutto consapevoli che la libertà porti sempre dentro di sé un motivo, un contenuto, un’aspirazione, un desiderio, una rinuncia, un impegno. Per ottenere un buon risultato bisogna che chi ha il compito di educare lo faccia sul serio, senza paura, con coraggio, sapendo che nell’insegnamento c’è il segreto di una società migliore, in cui ciascuno sappia esercitare consapevolmente il proprio ruolo. Di troppa libertà si muore, ci sono giovani che non sanno più trovare uno scopo, dare un senso, stabilire una relazione, vivono una libertà che porta inevitabilmente alla depressione, alla vacuità, alla solitudine, all’incapacità di vivere una vita di relazione, normale. Li vediamo spesso queste giovani vittime del non senso, alle prese con la dipendenza, con l’incapacità di saper disporre della bellezza che portano dentro, immemori dell’educazione familiare, delle raccomandazioni di un papà o di una mamma, li vediamo spesso ai margini della società, alla ricerca di un bene che sfugge loro di mano e che li lascia spesso nell’assenza di desiderio, di umanità, di voglia di vivere. Insegnare è fondamentale, bisogna farlo sempre con amore, ma anche con molta fermezza, credendo fino in fondo in quello che si fa. La dipendenza tecnologica di questi anni ha spento gran parte della ricchezza interiore, ha svuotato i valori della loro sostanza morale, ha lasciato intuire che si possa dimenticare il passato e il presente, per poi prendere atto che una vita senza storia diventi vuota, incapace di regalare emozioni. In questi anni la scuola ha perso la sua identità, si è lasciata condurre dal gioco di una politica che in molti casi ha perso di vista il bene comune, la necessità di saper fare le giuste distinzioni, di dare a ciascuno la responsabilità che gli spetta e che merita, una politica che si è dimenticata di avere il sacrosanto dovere di far valere i meriti delle persone, la loro volontà, la loro capacità di poter essere parte attiva e presente nel complesso gioco della vita morale e civile. Si sono inventate molte cose, i ruoli si sono spesso sovrapposti e contrapposti, lasciando dietro di sé un disorientamento incredibile, in cui tutto o quasi ha perso di consistenza valoriale. Si è spacciata una libertà senza regole, l’idea di avere il mondo tra le mani e di poter vivere senza pensare, sena riflettere, senza immaginare che l’uomo, da solo, non sia nessuno. E’ in questa solitudine esistenziale che occorre dare un senso a chi lo aspetta, a chi non sa cosa significhi vivere nel rispetto di sé e nel rispetto degli altri, è quando il mondo intorno non è più in grado di dare risposte convincenti che bisogna ritrovare un senso, una logica, un modo di vivere che non sia necessariamente distruttivo della propria anima e di quella altrui. La politica non si deve chiudere, tutt’altro, si deve aprire, deve farsi capire, deve ritrovare il senso di quello che fa, deve imparare a recitare il mea culpa senza vergogna, deve rendersi conto che è un’osservata speciale e che le persone sono molto meno ingenue e maldestre di quanto possa immaginare, soprattutto i giovani, che si guardano attorno per capire quale strada intraprendere. In un mondo che ha perso di vista i problemi, quelli veri, come la famiglia, la scuola, l’istruzione, l’autorevolezza, il rispetto, conviene forse fare un passo indietro e riflettere sui propri comportamenti, sui bisogni e sulle necessità della gente, di quella gente che non ha tempo di inseguire le ambizioni personali, perché si sveglia la mattina presto per andare a lavorare, per portare a casa uno stipendio con cui vivere e far vivere. In un paese che ha una estrema necessità di educazione, c’è una parte del mondo adulto che si perde nel labirinto delle strategie, delle ambizioni personali, che insegue miti e chimere, che s’inventa odi, rancori, ricatti, rivalse, mentre dall’altra parte della barricata i giovani non sanno dove sbattere la testa e in molti casi dissipano la loro giovinezza, costretti a espatriare per vedere riconosciuta la propria identità. Viviamo in un mondo che non sa più vedere, osservare, capire, un mondo che preferisce sottacere, sfuggire, chiudere un occhio, far finta di niente, un mondo in cui mancano i punti d’appoggio e dove spesso l’onestà diventa un disvalore, qualcosa che contrasta con l’ambizione e con l’arroganza. La famiglia e la scuola sono un argine sicuro contro ogni tipo di decadenza, ma gli argini hanno continuamente bisogno di essere valorizzati e rinforzati, necessitano di abili manutentori che ne sappiano leggere e intuire le necessità, soprattutto quando il mondo vorrebbe destrutturare, smitizzare, ridurre ai minimi termini. Famiglia e scuola  sono state lasciate in disparte anche da chi avrebbe dovuto prenderne le difese, sono state spesso abbandonate a se stesse, sovrastate da varie forme di materialismo, sono state abbandonate al loro destino, per fare spazio a varie forme di arbitrarietà morale e sociale. Nella vecchia società contadina la famiglia svolgeva un ruolo fondamentale anche nel campo dell’educazione, un’educazione essenziale, ma fondamentale, rigida, ma convincente, attenta, ma proattiva, sostegno assoluto della famiglia patriarcale, fondata sul principio della sussidiarietà, dell’impegno reciproco, dove anche i giovani trovavano spazio per dare una mano, per dimostrare la loro forza e il loro coraggio, il loro naturale attaccamento ai valori della famiglia. L’educazione civica nasce e cresce con educatori e famiglie che sanno orientare e indirizzare, che educano i ragazzi a guardarsi attorno e a guardarsi dentro, che dimostrano quanto sia importante saper utilizzare il tempo libero, con forme di divertimento creativo, dove c’è sempre uno spazio per l’assunzione di senso di responsabilità e dove anche il divertimento diventa occasione per crescere, per acquisire coscienza civica, morale, sociale, per far capire che tutto converge verso la formazione di una cultura sociale viva, operativa, dove nulla è lasciato al caso. Per molti giovani la miglior medicina è imparare a crescere, a fare quotidianamente i conti con i problemi di una società spesso distratta e svuotata delle sue linee guida. In questi anni il mondo giovanile è quello che ha sofferto di più, quello che ha pagato la crisi della famiglia, la crisi dello stato, la crisi religiosa in generale, la crisi della scuola, è quello che si è trovato spiazzato, senza valori certi, senza esempi credibili, è quello che si è visto scavalcato dall’economia e dalla finanza, da varie forme di individualismo sfrenato, da arroganze di ogni genere, finendo in molti casi col cercare rimedi temporanei. Ricostruire una società non significa solo tappare buche o erigere templi alle nuove ipocrisie del progresso, ma ricominciare a educare, a richiamare le persone all’assunzione di quel senso di responsabilità che s’identifica con il rispetto delle regole, con un’educazione capace di ricreare la vita interiore, di riflettere e di pensare, la voglia di impegnarsi e di trovare nel sudore e nella fatica la strada vincente per l’affermazione dell’identità e della dignità. Valorizzare i giovani dunque, ma anche saper fare un profondo esame di coscienza, riconciliante con quei valori che contano, che danno il senso della speranza in un mondo che sappia guardare verso il basso se necessario, ma anche verso l’alto, creando quel giusto equilibrio che abbiamo dato in pasto alle utopie. Ritrovare dunque un equilibrio, rimettere al centro la persona, rianimare l’anima, la voglia di fare, credere, creare, inventare, sognare, riconsegnare all’uomo il senso della vita, la passione e l’entusiasmo per le cose belle, quelle che contano sempre, da giovani e da vecchi, quelle che non soffrono le riconversioni e le rottamazioni, perché sono la base su cui la vita si regge. Costruire scuole, costruire spazi per il mondo giovanile, costruire luoghi tranquilli per gli anziani, rivalutare il senso della relazione, costruire ospedali a misura d’uomo, dove una buona parola al momento giusto conti più di tutto il resto. E’ sullo spirito umano che occorre fare un bel restailing, è il cuore che va rivitalizzato e spronato, è la verità che deve tornare a splendere al suo posto. Prima dell’Europa c’è il buon senso comune, quello che affratella tutti gli uomini, che li fa sentire vivi e responsabili, attenti ai luoghi in cui abitano, alle persone con le quali entrano in relazione. E’ nella collaborazione che si costruisce l’unità, è nella vita di relazione che si realizzano gli obiettivi comuni, quelli che cambiano il volto dei nostri paesi e delle nostre città. Ormai l’epoca delle divisioni ideologiche sta tramontando, l’uomo si guarda allo specchio e si rende conto che le parole e le idee hanno bisogno di azioni concrete, di dimostrare che il pianeta è una grande casa comune, alla costruzione della quale ogni cittadino deve dare un prezioso contributo personale. Un eccesso di compatimento e un eccesso di buonismo non portano a nulla di buono, salvano solo la facciata, ma dietro i muri crollano a pezzi e il cemento tradizionale, forse, non basta più.

 

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