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SENZA EDUCAZIONE NON C’E’ SICUREZZA

di felice magnani

Ogni cittadino è garante della sicurezza, le responsabilità vanno sempre divise equamente, per la Costituzione italiana non ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, tutti indistintamente sono insigniti di consegne che vanno esercitate con il massimo della fedeltà possibile. Di solito i problemi nascono e diventano letali quando non si prendono con la dovuta serietà, quando il cittadino dimentica chi è, quali siano i beni che ha ricevuto, dimenticandosi che prima dei diritti vengono sempre i doveri, sottovalutando la ricaduta collettiva di comportamenti sbagliati. La società è una famiglia allargata, dove la libertà individuale s’incontra sempre e si misura con quella collettiva. Nella vita sociale ogni atto o azione individuale ha una ricaduta sociale. Essere sicuri significa rispettare le consegne che la Costituzione impone, essere dei garanti attivi, capire esattamente quali siano i limiti e le libertà, sottoporsi a giudizio, verificare se quello che facciamo sia in linea con quanto richiesto. Vivere significa rispettare delle consegne, esercitare una sistematica e costante azione di verifica su ciò che facciamo e su come lo facciamo. Molti cittadini non sanno nulla della vita comunitaria, vivono come se la città, il paese o il territorio fossero una giungla nella quale far valere la legge del più forte. Non è così che decanta la democrazia, quella vera, quella dei valori e delle regole, quella che si riconosce nella volontà popolare, quella che unisce invece di dividere, che esalta il bene comune, che si anima di fede e di coraggio, di grande onestà e di grande legalità. La forza della persona sta nel buon senso, nella capacità di capire quello che può e quello che non può fare, sta nel rispetto, nel rendersi conto che siamo tutti nella stessa barca e che, anche se con mansioni diverse, dobbiamo remare insieme vero la meta comune, che è il bene stesso della comunità di appartenenza. Da un po’ di tempo a questa parte una grave forma di anarchia sta prendendo il posto della democrazia, ognuno fa quello che vuole e lo fa danneggiando gli altri, come se gli altri fossero nemici da abbattere. Viviamo un momento in cui la gente ha perso di vista il valore taumaturgico dell’educazione, vive una sorta di onnipotenza individuale, in cui si perdono di vista i valori, quelli che danno linfa e sostanza alla vita stessa, quelli che permettono di realizzare un sistema sociale in cui tutti possono trovare un equilibrio esistenziale, con il contributo di tutti. La crisi della nostra società ha ormai un profilo chiarissimo, lo si può individuare e analizzare anche solo guardando la televisione o osservando con più fiducia il mondo che ci ruota attorno, un mondo sempre più sprovvisto delle più elementari regole di salvaguardia, come l’onestà, il rispetto, la collaborazione, la solidarietà, l’unione, ci sono mondi che crollano a pezzi e che non si rendono conto dei danni che stanno arrecando. Si tratta dunque di investire moltissimo sulla scuola e sull’educazione, sulla famiglia e sulle sue regole, si tratta di restituire ai ruoli la loro identità, di rimettere in campo i temi fondamentale della legalità e della giustizia, di riattivare la fede nel lavoro, riattivando il valore sociale e morale del servizio anche nelle piccole cose, bisogna forse che chi ha l’audacia di assumersi responsabilità dirette impari a dare l’esempio, dimostri di essere al completo servizio della comunità. Il problema non è solo nella forma, ma soprattutto nella sostanza, nel come sappiamo rispondere concretamente ai problemi, non basta sventolare bandiere, bisogna avere ben chiaro in testa che cosa si debba fare per risolvere i problemi, per fare in modo che la diversità diventi motivo di ricchezza. In molti casi non basta farsi paladini della povertà, quando poi abbandoniamo le persone al loro destino, un destino spesso ignobile, incivile, assolutamente contrastante con i principi e i valori fondamentali di una democrazia matura. Le persone non sono merce di scambio, non sono stracci che si possono comprare e vendere al mercato, non sono servi da assoldare per interessi di natura capitalistica, occorre avere ben chiaro in mente quale sia il fine di un’azione, chi realmente sia e che cosa si aspetti da noi quella persona che a parole diciamo di voler aiutare, che tipo di identità vogliamo donare, qual democrazia vogliamo costruire.  Un paese, una nazione o un continente si qualificano per come sanno organizzare la vita, per come trattano le persone, per il livello di libertà responsabile che sanno creare, per il tipo di educazione che sanno consegnare, per l’esempio che sanno trasmettere, per l’entusiasmo che sanno creare. L’aiuto non è solo un éscamotage assistenziale per mettere in pace la coscienza, ha  un preciso fine esistenziale, compatibile con il livello di responsabilità che una società civile sa distribuisce ai propri cittadini, ricreando ogni volta le condizioni perché una persona si senta soprattutto persona. Il buon senso e l’educazione vanno ben oltre la politica e i politici, sono elementi base di una convivenza pensata e distribuita nel rispetto della dignità individuale e di quella collettiva, ecco perché il popolo diventa perno di civiltà, perché la sua volontà è determinante nella percezione di come vanno le cose. E’ attraverso la percezione popolare che si comprende il significato vero e profondo di come si sta muovendo una democrazia. E’ nel comune senso di responsabilità che il mondo sopravvive e si affranca, o rischia di sprofondare sempre più in basso, lasciando ai retori e ai millantatori la facoltà di determinare la forza e la bellezza di valori che hanno fatto grande la cultura italiana nel mondo.

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